IL PRETORE
    Letti gli atti ed i  documenti  di  causa,  a  scioglimento  della
 riserva, osserva quanto segue.
                               F A T T O
    Con ricorso depositato in data 30 settembre 1993 la sig.ra Iuliano
 Asssunta  conveniva  in giudizio l'I.N.P.S. (Istituto Nazionale della
 Previdenza Sociale), sede di Campobasso, esponendo di essere titolare
 di una pensione diretta e di una pensione  di  riversibilita',  e  di
 aver    invano   richiesto   in   via   amministrativa   all'Istituto
 l'integrazione al trattamento minimo della pensione di riversibilita'
 con decorrenza settembre 1981 e la  corresposione  a  partire  dal  1
 ottobre  1983  dell'importo "cristallizzato" sul trattamento non piu'
 integrabile, in applicazione della sentenza  n.  314/85  della  Corte
 costituzionale  e  dell'art.  6  del d.l. 12 settembre 1983, n.  463
 convertito in legge 11  novembre  1983,  n.  638;  concludeva  quindi
 chiedendo  la  condanna dell'I.N.P.S. a corrisponderle l'integrazione
 al minimo cristallizzata nell'importo in godimento  al  30  settembre
 1983.
    L'I.N.P.S.  si  costituiva  con  memoria  chiedendo il rigetto del
 ricorso, e richiamando  in  particolare  il  disposto  dell'art.  11,
 ventiduesimo  comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, secondo cui
 "l'art. 6, quinto, sesto e settimo comma del d.l. 12 settembre 1983,
 n. 463, convertito con modificazioni, dalla legge 11  novembre  1983,
 n.  638,  si  interpreta  nel senso che nel caso di concorso di due o
 piu'  pensioni  integrate  al  trattamento   minimo   liquidato   con
 decorrenza  anteriore  alla  data  di  entrata in vigore del predetto
 d.l.,  il trattamento minimo spetta su una sola delle pensioni, come
 individuata secondo i criteri previsti al terzo  comma  dello  stesso
 articolo,  mentre l'altra o le altre pensioni spettano nell'importo a
 calcolo senza alcuna integrazione".
    All'udieza di discussione del 22 febbraio 1994 il difensore  della
 ricorrente concludeva per l'accoglimento del ricorso, e in subordine,
 eccepiva  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 11, ventiduesimo
 comma, della legge n. 537/1993.
                             D I R I T T O
    La   disposizione   teste'   riportata   costituisce   norma    di
 interpretazione   autentica   dell'art.   6  del  d.l.  n.  463/1983
 convertito in legge n. 638/1983. Detta funzione e' fatta palese della
 precisa imposizione di un significato interpretativo,  da  attribuire
 alla  norma  di  riferimento,  nel  chiaro  senso di escludere che, a
 partire dal  1  ottobre  1983  possa  riconoscersi  il  diritto  alla
 cristallizzazione   (ergo,   alla   conservazione   dell'importo   in
 precedenza  goduto  a  titolo  di  integrazione  al  minimo  fino  al
 riassorbimento per effetto della perequazione automatica) sul secondo
 (e sugli ulteriori) trattamenti pensionistici.
    Tale   intervento   interpretativo  del  legislatore  si  pone  in
 manifesto e stridente contrasto con un ormai consolidato orientamento
 della giurisprudenza di legittimita' (Cass. nn.  5720  del  1989  nn.
 3749,  7315  del  1990; 841, 842, 1436, 1437, 1438, 1469, 2458, 2757,
 3331, 4963, 6192, 8015, 9664,  10557,  10653,  11136,  11423,  12139,
 12388  del  1991;  1233,  1335,  1355,  1933,  3549,  13420 del 1992)
 condiviso dalla sentenza interpretativa di  rigetto  n.  418  del  19
 novembre 1991 della Corte costituzionale.
    L'orientamento  in parola ha comportato l'affermazione secondo cui
 il meccanismo della  cristallizzazione  dell'importo  della  pensione
 integrata,  a  seguito  della  perdita  del diritto alla integrazione
 (direttamente contemplata dall'art.  6  del  d.l.  n.  463/1983  per
 l'ipotesi  di superamento del limite reddituale) opera anche nel caso
 di cessazione del diritto per effetto dell'applicazione del principio
 dell'unicita' del beneficio  dell'integrazione,  principio  che  "per
 effetto della sopravvenuta sentenza n. 314/1985 ( ..) deve intendersi
 validamente  operante solo a partire dal 1 ottobre 1983 ma non per il
 periodo antecedente" (cfr. Corte costituzionale n. 418/1991 cit.).
    In particolare, questo giudicante ha avuto piu' volte occasione di
 affermare, condividendo ed applicando il consolidato orientamento  in
 materia, che il meccanismo della cristallizzazione, lungi dall'essere
 configurabile   come   una   eccezione   al  principio  dell'unicita'
 dell'integrazione al minimo, costituisce una attuazione della  tutela
 costituzionale del reddito da pensione, (art. 38, secondo comma della
 Costituzione).
    Stante  l'anteriorita'  del  d.l.  n.  463/1983  rispetto a Corte
 costituzionale n. 314/1985 (che ha scardinato per il periodo fino  al
 30 settembre 1983 il divieto di doppia integrazione al minimo perche'
 contrario   al   canone   costituzionale   di   uguaglianza),   nelle
 disposizioni letterali dell'art. 6  del  d.l.  n.  463/1983  non  e'
 possibile  rinvenire  la fattispecie ancora generalmente vietata, del
 cumulo di due pensioni integrate  al  minimo  e  di  conseguenza  nel
 settimo  comma  l'ipotesi  della  "cristallizzazione" di una di esse;
 detto comma prevede letteralmente soltanto il caso di cessazione  del
 diritto  all'integrazione  per superamento dei limiti di reddito e il
 congelamento  dell'importo erogato fino al riassorbimento per effetto
 dell'operativita' delle disposizioni  sulla  perequazione  automatica
 delle  pensioni.  Appare  tuttavia consentita, nell'interpretazione a
 posteriori dell'art. 6 del  d.l.  n.  463/1983,  l'applicazione  del
 settimo   comma   anche   all'ipotesi   della   perdita  del  diritto
 all'integrazione  al  minimo  per   effetto   dell'applicazione   del
 principio  di  unicita'  del  beneficio,  ipotesi  che per le esposte
 ragioni  di  consecuzione  temporale,   non   poteva   essere   stata
 considerata  dal  legislatore  del  1983. Ricorre infatti in pieno il
 requisito della somiglianza tra le due fattispecie, che  consente  di
 applicare  il criterio dell'interpretazione analogica di cui all'art.
 12, secondo  comma,  disp.  prel.  c.c.;  ne'  alcun  ostacolo,  puo'
 ravvisarsi  nell'art.  14  disp.  prel.  c.c.,  che vieta tra l'altro
 l'analogia  per  le  leggi  eccezionali,  stante  il  gia'   indicato
 fondamento costituzionale del meccanismo della cristallizzazione.
    Orbene  Corte  costituzionale n. 418/1991 ha fornito, con sentenza
 interpretativa   di   rigetto,   nel   solco   tracciato   da   Corte
 costituzionale n. 184/1988, l'interpretazione adeguatrice dell'art. 6
 del  d.l.  n. 463/1983 al precetto costituzionale dell'art. 38 della
 Costituzione, secondo cui il  trattamento  minimo  pensionistico  non
 riveste  natura  essenziale  ma essenzialmente previdenziale, essendo
 volto a garantire ai lavoratori "mezzi adeguati alle loro esigenze di
 vita".
    La cristallizzazione, allora, costituisce, il concreto  meccanismo
 di  attuazione  dell'art.  38, secondo comma, della Costituzione, nel
 passaggio dal regime vigente fino al 30 settembre 1983 (diritto  alla
 doppia  integrazione  al  minimo,  a  seguito  delle  declaratorie di
 incostituzionalita'  delle  norme  che  la  precludevano)  a   quello
 introdotto  a partire dal 1 ottobre 1983 (principio dell'unicita' del
 beneficio,  a  fine  di  riordino  e  razionalizzazione  del  sistema
 pensionistico),  onde  evitare immediate riduzioni del tenore di vita
 minimo  garantito,  alla   cessazione   del   diritto   alla   doppia
 integrazione.
    L'art.  11,  ventiduesimo  comma,  della  legge  n.  537/1993, con
 disposizione interpretativa  dotata  di  connaturale  retroattivita',
 pare   intesa   consapevolmente   ad  azzerare  tutta  l'elaborazione
 giurisprudenziale esposta.
    Ma, come affermato dalla Corte costituzionale 3  giugno  1992,  n.
 246,  nella  disciplina  della retroattivita' "il legislatore - salvo
 che si tratti di norme penali incriminatrici o introduttive di  nuove
 pene   ovvero   incrementative   delle  pene  stesse  -  ha  un'ampia
 discrezionalita', purche' non violi il principio di ragionevolezza  o
 altri principi costituzionalmente garantiti".
    Nel  caso  di  specie,  ed in relazione alla piu' volte menzionata
 pronunzia  interpretativa  di  rigetto  del  1981,  l'interpretazione
 restrittiva  del meccanismo della cristallizzazione imposta dall'art.
 11, ventiduesimo comma, appare allora  confliggente  con  l'art.  38,
 secondo  comma, della Costituzione, cosi' da sollecitare l'intervento
 a tale proposito del giudice delle leggi.
    La norma in questione suscita dubbi di costituzionalita' anche  in
 rapporto  al  principio  di  ragionevolezza  sotteso all'art. 3 della
 Costituzione,   non   apparendo    sussistente    alcuna    razionale
 giustificazione  per  la  riduzione del trattamento pensionistico con
 effetto retroattivo,  che  cagiona  inesplicabile  disuguaglianza  di
 trattamento tra i lavoratori cui il beneficio della cristallizzazione
 e'  stato  ormai  riconosciuto  anche  con  sentenze  passate in cosa
 giudicata nel periodo di  oltre  dieci  anni  di  applicazione  della
 disposizione  dell'art.  6, settimo comma del d.l. n. 463/1983, ed i
 lavoratori cui,  in  virtu'  della  norma  interpretativa  in  esame,
 sarebbe negato lo stesso beneficio per lo stesso periodo.
    Le   considerazioni   che   precedono   inducono  a  ritenere  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 del  combinato  disposto  dell'art.  6,  settimo  comma, del d.l. 12
 settembre 1983, n. 463, conventito con modificazioni nella  legge  11
 noveabre  1983, n. 638 e dell'art. 11, ventiduesimo comma della legge
 24 dicembre 1993, n. 537.
    La questione e' altresi' rilevante poiche' nel  presente  giudizio
 si   controverte  proprio  del  diritto  alla  "cristallizzazione"  e
 dell'applicazione   della   norma   di   interpretazione    autentica
 discenderebbe  il  disconoscimento  di tale diritto ed il rigetto del
 ricorso.